Una recensione di Helene Paraskeva
Il lettore che entra nella galleria di ritratti di Qui e là di Christiana de Caldas Brito, (collana Kumacreola diretta da Armando Gnisci, Cosmo Iannone Editore, 2004) si scopre ai confini di un mondo surreale, ad un immaginario checkpoint della Realtà da dove passano personaggi in fuga.
Il primo personaggio è Sati, la nuova segretaria del Dott. Gioia, una donna orientale, giovane, bella, e dotata della straordinaria capacità di salvare il suo Capo nei momenti di crisi. Quando lui finalmente impara a conoscere se stesso ed è pronto a dichiararsi, l’angelo custode, si dimostrerà imprevedibile.
Nel racconto “Siamo felici così” i personaggi femminili di un pensionato subiscono una trasformazione mostruosa e contagiosa dalla quale la protagonista tenta una disperata fuga.
Marta, Bessy ed Evelina ne “I tre silenzi” svolgono nella vita ruoli diversi e indipendenti fra di loro: Marta è una moglie, Bessy una giovane amante ed Evelina una donna single. Un misterioso incontro offre a queste tre solitudini femminili la vicinanza, l’intimità, l’idillio del sogno, il silenzio di fronte al mare che non impone ruoli.
Nel racconto “Due porte”, Vincenzo, un pittore di Piazza Navona specializzato nella produzione di copie autentiche di Van Gogh, sta cercando la seconda porta nella vita per imboccare la strada “giusta”. Durante la ricerca il maestro del falso si troverà ad affrontare un incrocio vero.
“L’attesa” è una storia gioiosa che approfondisce il rapporto uomo-donna e artista-opera d’arte e si svolge all’interno di un altro quadro famoso, il “Pescatore sulla riva del fiume” di Pierre A. Renoir. Gisèle, la moglie del pescatore nel quadro, finge di leggere il giornale mentre il marito pesca con la canna proiettata dinamicamente in avanti, quasi fuori dal quadro, nel futuro. Anche Gisèle pensa al futuro desiderando di fuggire dall’oppressione del cappello, del lungo vestito di seta, del giornale noioso e di tutte le convenzioni sociali che opprimevano le donne del 19° secolo. La proiezione nell’avvenire si raggiunge con un salto diacronico degno di Virginia Woolf, grazie ad un’altra Gisèle. E finalmente una donna artista crea ispirandosi ad un uomo, perché non basta solo “essere guardata” bisogna anche “…guardare.”
Nel racconto “Ià, la vecchia” la protagonista “Ià” è un personaggio sonoro, onomatopeico, come “Chi”, di Amanda, Olinda, Azzurra e le altre ma anche una presenza allegorica. Si tratta di un incontro scontro forte e carnale, violento come un incontro di pugilato ma senza regole, pieno di colpi bassi e attacchi improvvisi.
Ne “L’orologio”, il figlio adulto sta di fronte al terribile momento dell’esumazione del padre. Qui la narrazione si alleggerisce grazie all’umorismo nero e sottile dell’autrice mentre l’orologio rimane fermo.
Ne “Il capostazione” il punto di partenza è la mania dell’ingegnere C. per il suo rolodex, la concretizzazione nevrotica di un sogno mai realizzato.
Le regole della letteratura fantasy si rispettano scrupolosamente nel racconto Un insolita passeggiata. I parametri spazio-temporali sono ben definiti ma l’autrice riesce ad aggirare l’ostacolo dell’assioma narratologico che impedisce ai personaggi letterari di avere una vita indipendente al di fuori del testo cui appartengono. Il risultato è l’esplosione dell’allegra ribellione innescata dalla fuga di tanti spiriti liberi.
Il tema della trasgressione (ma non solo) è trattato anche ne “La “Francescata”. Un impegno familiare noioso ma inderogabile porta la Narratrice a percorrere le strade di Rio accompagnata da un giovane tassista dagli occhi verdi, forse. Il tema della sospensione del tempo si accompagna qui dai ritmi sensuali carioca.
La prima cosa che avverte il lettore di “In fondo all’occhio” è la suspense scaturita dall’atmosfera vittoriana carica di mistero all’Arthur C. Doyle, nonostante l’esistenza di alcune tracce tecnologiche appartenenti al 20°secolo. Il narratore è un uomo di scienza chiamato nel bel mezzo della notte a visitare il signor X. Durante questa visita, lo scienziato farà un incontro terribile ma sublime, come nei migliori racconti di E. A. Poe.
Per un momento iniziale, nel parco, dove Anita sta aspettando Sandro con trepidazione, il lettore potrebbe pensare di trovarsi davanti ad una storia banale. Ma solo per un momento. “Rosa dei boschi e Samurai” non è così prevedibile.
Nel racconto “Né tacchi né trucco né trucco né tacchi” l’umorismo di Christiana de Caldas Brito si scatena nella descrizione dei tentativi di Carlotta di apparire femminile ed attraente.
“L’equilibrista”, “Io polpastrello” 5.423″ e “Cara Jandira” sono riflessioni sulla dimensione sociale dell’immigrazione, storie originali del “Qui” quotidiano raccontate con incisività e “leggerezza”. “José”, invece, è il racconto dell’immigrato atipico che vive in una roulotte nella periferia romana, una storia dal vago ricordo di favola. Anche Josè, come la piccola fiammiferaia di H.C. Andersen, passa la notte vicino alle fiammelle.
“Maroggia” è la storia di una donna in carne ed ossa e della sua lucida e dettagliata trasformazione. La fusione delle parole, che caratterizza questo racconto emozionante non offre solo un esempio di scrittura raffinata ma si riflette anche nell’unione perfetta fra forma e contenuto.
Nelle storie di Qui e là il catalizzatore di situazioni che porterà alla terribile eternità di un momento di crisi, di fuga o di svolta è rappresentato dall’arte, come la pittura in “Due porte” e “L’attesa”, la letteratura in “Un’insolita passeggiata”, la tradizione orale in “Camuamu” o la musica, come nel racconto “Insieme nell’undicesima divisione”. Nel racconto “Eda Zarehs”, invece, la metafora del potere salvifico dell’arte diventa esplicita.
Qui e là di Christiana de Caldas Brito, collana Kumacreola diretta da Armando Gnisci, Cosmo Iannone Editore, 2004