A cura di Viorel Boldis
Zora è una contadina bosniaca, una ragazza neanche maggiorenne quando s’innamora di Safet, il rude bosniaco ma dai modi blandi e con una qualità imprescindibile per questi tempi e in quei luoghi: un lavoro in Italia, guadagnato tirando fuori da un fosso la ruota posteriore di un’Alfa! Zora vuole evadere da quel sperduto villaggio, dalla povertà, dall’anonimato, da quella vita, anche se felice nella sua semplicità, comunque sbiadita e senza sbocchi. E poi Safet è un omone con le braccia d’acciaio, che la ama e la può proteggere da tutto e da tutti, ed è così innamorato che lei non può fare altro che innamorarsi a sua volta: lui diventerà il suo orso, mentre lei sarà il suo pulcino. Questa è una storia d’amore ordinaria in un paese qualsiasi, se non fosse che poi, i protagonisti del romanzo L’orecchino di Zora di Duska Kovacevic, Zora e Safet, portano il loro amore su altri lidi, ignoti e ignari dell’ingenuità di un’appena 18 enne bosniaca e del suo ragazzone con le braccia d’acciaio e cuore tenero, forse troppo tenero per l’incallito mondo occidentale e il crudele mercato del lavoro italiano. Lei lo ama e cucina per lui, lui la ama e lavora per lei, per loro, lavora duro e tanto per il padrone italiano, lo stesso proprietario dell’Alfa con la ruota posteriore affossata su una strada di campagna bosniaca, che paga poco ed è arrogante e bastardo, e come quasi tutti i padroni crede che tutto al mondo gli sia dovuto. Tutto.
Zora si annoia, non gli basta più l’amore di Safet, vuole uscire, vuole interagire con gli altri, vuole conoscere, vuole vivere, vuole lavorare. Safet la ama e alla fine cede, anche se, sa che una volta uscita dal loro covo d’amore, non riuscirà più a proteggerla come prima. Lei si scontra per la prima volta con la crudeltà del mercato del lavoro, con il “mi dispiace, da domani non vieni più”, per poi arrivare a lavorare per lo stesso padrone proprietario dell’Alfa con la ruota posteriore affossata su una strada di campagna bosniaca, e che crede che tutto al mondo gli sia dovuto. Tutto.
Dopo un po’ Zora non è più la stessa. È deperita, ha perso la voglia di vivere. Cucina ancora per il suo orso ma non mangia più con lui, perché non vuole più nutrire quel corpo colpevole di averla tradita, che l’aveva buttata prima nel peccato e poi nella disperazione. “Safet ci aveva messo molto, troppo tempo per accorgersi che in Zora c’era qualcosa di grave che non andava e che la faceva dimagrire a vista d’occhio, ma ora che finalmente se ne era reso conto, lei non glielo avrebbe svelato nemmeno sotto tortura.”
Ebbene sì, Zora ha un segreto, che la tormenta e la rende sempre più l’ombra di quella Zora appena arrivata in Italia, con il seno prosperoso e il sorriso facile. Safet non si da pace, perché ama la sua dona e farebbe qualsiasi cosa per renderla felice, anche cambiare tutto, vita, lavoro, casa, perché lui crede che niente gli sia dovuto. Niente.
Stavano caricando gli ultimi pacchi sul camion dell’impresa per i traslochi, quando il segreto di Zora stava quasi per essere svelato: “… all’interno della scatola c’è qualcosa che le fa sparire il sorriso dalle labbra lasciandola immobile. Zora, senza che Safet se ne accorga tira fuori un orecchino pendente a forma di goccia. … Sulla mano di Zora si nota un leggero tremore mentre tocca la superficie levigata di quell’oggetto che con sorpresa si è trovata tra le cose che lei stessa aveva impacchettato. Lo tocca, ma non vuole stringere l’orecchino luccicante della cui sopravivenza era ignara. E come un’onda, il peccato, fino a quel momento relegato in qualche angolo remoto della memoria, si riversa nella sua conoscenza.”
Finisce così il romanzo di Duska Kovacevic, con Zora che, al riparo dello sguardo di Safet butta nella spazzatura quel orecchino pendente, sigillando per sempre il suo segreto. Eppure ci sarebbe ancora una cosa da chiarire, un altro mistero, che neanche l’autrice del romanzo svela: l’altro orecchino! Ebbene, se Duska Kovacevic avesse deciso di chiudere il romanzo una frase più in là, si sarebbe accorta che pure Safet, senza farsi vedere dal suo pulcino, si sbarazzò di qualcosa. Era l’altro orecchino!
L’orecchino di zora. Duska kovacevic. Eks&Tra , 2007, vincitore del premio Eks&Tra 2007, Euro. 9,00