A cura di Francesca Chiarla
In questo primo romanzo della scrittrice italo-somala Igiaba Scego, alcune delle tematiche affrontate attraverso la vita e le parole delle tre protagoniste rimandano ai testi di altri scrittori definiti di seconda generazione che, in altri contesti sociali e storici europei, hanno raccontato le gioie ed i dolori delle loro identità scisse; basti pensare a “Il Budda delle periferie” di Hanif Kureishi o al più recente “Denti bianchi” della anglo-giamaicana Zadie Smith. Così come per questi due autori testimoni di quella nuova società inglese nata dall’incontro e dallo scambio di culture differenti, l’identità e, soprattutto, la ricerca dell’identità diventa uno dei temi centrali della loro produzione letteraria, anche per la Scego il riconoscimento del proprio io ibrido fa da sfondo alle storie che sceglie di narrare.
Le due sorelle, Aisha e Rhoda, giunte a Roma con la zia Barni per fuggire dalla guerra civile che negli anni ’90 stava infuocando la Somalia, incarnano i due atteggiamenti opposti caratteristici di quella seconda generazione con la quale la società italiana contemporanea si trova a fare i conti; se da un lato Aisha rappresenta l’apertura all’altro e lo scambio con il diverso, Rhoda è quella che più vive le problematiche legate al senso di “non appartenenza” di un’identità scissa fra il qua e l’altrove. Aisha è il presente. I capitoli che portano il suo nome sono, infatti, sempre datati Luglio 2003 ed è lei stessa che, con il suo entusiasmo, propone la soluzione per una possibile convivenza con l’altro: ” Se gli italiani non ci capiscono, sorella, noi dobbiamo spiegare chi siamo, cosa facciamo, dove andiamo. Dobbiamo dire loro quali sono i nostri sogni e le nostre aspettative. Dobbiamo parlare del nostro passato, proiettarli nel nostro futuro e far vivere loro il nostro presente” (pag. 73).
Completamente diverso è il pensiero di Rhoda che non confidando nell’integrazione e nel dialogo arriverà a prostituirsi pur di annullarsi come donna e come essere umano: “…qui ci sono i gaal e qui, dalla parte opposta, ci siamo noi. Siamo due mondi destinati a non incontrarci” (pag. 69). L’unica possibilità di redenzione per la protagonista è ritornare alle proprie origini, in una Somalia, scelta come luogo per morire, molto diversa dai suoi ricordi di bambina, ma che offre riscatto e salvezza.
Un’altra tematica che accomuna il testo di Igiaba Scego con altri autori attivi nel panorama delle letterature migranti è la descrizione di una prima generazione di immigrati che fa di tutto per mantenere i propri legami con la terra d’origine e che sogna di potervi, un giorno, fare ritorno. E’ il caso della zia Barni che, camminando per le strade di Roma, sogna Mogadiscio e si sente sola come un pacchetto di sigarette abbandonato dalla ricca gaal (in somalo, uomo o donna occidentale) per la quale lavora come donna delle pulizie. Il rifiuto dell’integrazione e la necessità di difendersi da una società italiana sempre più ostile la portano ad adeguarsi agli stereotipi di donna immigrata che i media ed il contesto in cui vive si aspettano da lei: l’italiano di Leopardi e Ariosto che aveva imparato in Somalia si trasforma, così, in un insieme di verbi sgrammaticati e in un linguaggio approssimativo.
Anche se la scrittrice sembra prediligere per questo testo toni tristi, amari e dimessi, nel finale lascia intravedere per le tre donne tre differenti possibilità di riscatto che danno al lettore una speranza proprio quando tutto sembra perduto. Aisha scopre il vero amore con Pino, un giovane napoletano che rispecchia la tipologia di molti venticinquenni italiani e nella drammaticità della sua vicenda personale, Rhoda riscopre se stessa ed il mondo ritornando alla propria terra che, anche se martoriata, le offre l’opportunità di essere nuovamente donna. Anche Barni troverà la sua strada nella borgata di periferia in cui vive che sembra aver riscattato la propria immagine grazie a molte famiglie di immigrati che hanno reso le sue strade più colorate e vivibili:”Non si sentiva tanto lontana da casa quando camminava per le strade del suo quartiere. Non provava quella sensazione di freddo alle budella che la lacerava quando puliva i cessi chic di gaal chic. Anche gli italiani le sembravano più simpatici a Primavalle” (pagg. 154/155).
La rinascita di questa donna passa inevitabilmente attraverso un cambiamento più ampio che è quello del contesto in cui vive alludendo, forse, ad una trasformazione
ancora maggiore che ruota intorno alla multietnicità e multiculturalità della società italiana di cui ne è il prodotto la stessa autrice, cittadina italiana dall’identità multipla che fra una Roma in cui la gente corre sempre ed una Mogadiscio in cui la gente non corre mai, si sente una via di mezzo e cammina a passo sostenuto.
RHODA, Igiaba Scego, Editore: Sinnos – 2004 pp. 223, 12,00 € ISBN: 88 7609 008 8