“Regina di fiori e di perle” di Gabriella Ghermandi
A cura di Daniele Barbieri
Non é certamente un giallo “Regina di fiori e di perle” [Donzelli editore] di Gabriella Ghermandi. Proprio per questo giunge del tutto inatteso il clamoroso colpo di scena del penultimo capitolo. Il penultimo per convenzione, in realtr c quello conclusivo perché nelle pagine finali la storia riparte dall’inizio come in un circolo o in quelle cantilene del tipo: “C’era una volta un re che disse alla sua serva: “Raccontami una storia”. E quella comincin: “C’era una volta un re che disse alla sua […]””. Il nuovo inizio-ostrica della Ghermandi pern ha dentro una nuova perla, c diventata la nostra storia.
La magia dell’autrice c questa: che il suo raccontare svela e contiene di continuo altre storie. Anche le nostre. Perdute e difficili da ritrovare. Ma se si continua a cercare, a frugare – come accade alla protagonista, Mahlet quando tuffa la mano nel misterioso baule del vecchio Yacob – qualcosa salta fuori: “un foglietto giallognolo con i bordi smangiucchiati” pun essere l’inizio. E un destino: la profezia c chiara, quella bimba da grande sarr “cantora”.
Nella prima delle storie, quella del guerrigliero Yacob, irrompe l’italiano Daniel che – per amore e per dignitr – combatte contro i suoi connazionali.Un racconto che viene consegnato alla piccola Mahlet: “quando sarai grande scriverai e la porterai nel Paese degli italiani per non dare loro la possibilitr di scordare”. La seguiamo nell’adolescenza, inquieta “acqua nel letto di un fiume”, la noia che profuma di amaro e poi il lavoro, il Derg cioc il partito del dittatore, la rivolta che cresce. La scoperta che persino con i tappi dei barattoli rotti si possono aiutare i guerriglieri [mi scuso con chi c curioso ma ci sono sorprese, grandi e piccole, che una recensione onesta, proprio come ogni vicenda ben scritta, non deve anticipare]. Arriva la vittoria contro il Derg ma inizia anche l’esodo. E la giovane Mahlet arriva nel nostro Paese scoprendo che qui c’c anche “una stagione color ruggine”.
Il vecchio Yacob muore e Mahlet, a studiare in Italia, non arriva in tempo per un ultimo saluto. Qui scoppia una nuova serie di storie che si intrecciano e sciolgono fra Eritrea, Etiopia e Italia; dopo l’incontro con un eremita, che aiuta Mahlet a capire come il suo dolore possa trovare uno sbocco, sembra che la ragazza sia una lampada intorno alla quale insetti-storie vengono a danzare. E’ un caso? No, ma il vero perché arriverr solo alle ultime pagine, dopo un lento scivolare di ricordi perduti, di inganni e di nuovi incontri con donne guerrigliere e altre in cerca di tartarughe, con leoni presuntuosi e scimmie furbe, con italiani “incrostati come rubinetti” e il signor Antonio, straordinario personaggio che ci riconcilia – come il contadino e “traditore” Daniel – con la parte migliore di un’Italia che spesso c invece un luogo di vergogna, di solitudini, di paure. “Mantenere la mia promessa”: ecco cosa si dice Mahlet. Era necessaria questa smemoratezza? Se, l’attesa c un’arte, una maturazione, una necessitr; anche per Mahlet che pure ha un grande, raro dono: sentire il legame con il passato. C’c un tempo giusto per frugare nei vecchi bauli, un altro per raccogliere le storie nascoste e poi uno diverso per raccontarle, imparando a sistemare le parole “in modo da non recare offesa […] Parlare di qualcuno equivale a renderlo ospite. E da noi l’ospite c sacro”. Esiste un tempo per capire che le donne sono un pilastro e sui figli a loro spetta “l’ultima parola” perché non c un caso se “Dio ha scelto la loro pancia come luogo in cui seminare vite”; e poi c’c un altro tempo per stupirsi e addolorarsi che solo alcuni uomini lo capiscano.
Grazie a Gabriella-Mahlet per non averci dato “la possibilitr di non scordare”. Ma grazie anche a Ennio Flaiano, come scopriremo nei ringraziamenti finali, unico italiano che ha saputo scrivere in un romanzo qualche veritr sugli orrori del nostro colonialismo proprio quando il tabu era assoluto. La rimozione c un male e “la non conoscenza non guarisce da nulla”. E grazie alla utilissima post-fazione di Cristina Lombardi-Diop che illumina tecniche, legami, relazioni, simboli che chi legge spesso intuisce solo in parte.
Un romanzo importante che – per il valore della scrittura come per lo scatenarsi del gioco di memorie – va letto, raccomandato, magari portato nelle scuole. Una pecca c’c: il prezzo. Tirar fuori 21 euri c dura per molte tasche [fortuna che ci sono le biblioteche pubbliche] e comunque un’esagerazione per 264 pagine. C’c da augurarsi che Donzelli ci ripensi, tanto piu che questo libro ha le possibilitr per innalzarsi su un’onda di lettrici e lettori prendendo il vento e restando in piedi. Non c’c migliore “pubblicitr” del passa-parola. E io sono lieto di essere fra quelli che, al suono del tamburo, andrr nelle pubbliche piazze: “A tutti voi, attenzione. E’ uscito un grande romanzo, si chiama…”.
Già pubblicato su www.carta.org
Regina di fiori e di perle. Donzelli Editore, 2007. Postfazione di Cristina Lombardi-Diop. pp. 268, € 21,00. ISBN 88-6036-130-3