Una recensione di Virginia Villa.
DUE PAROLE SULLA POETESSA
Prima di addentrarmi nella recensione di queste opere, vorrei soffermarmi sulla poetessa in quanto è la prima volta che ve ne parlo qui sul blog e credo che Irma Kurti abbia molto da raccontare.
Irma Kurti appartiene a quella schiera abbastanza numerosa di intellettuali originari della Repubblica Albanese che, a seguito dei diversi avvicendamenti socio-politici del proprio paese, sono arrivati in Italia e qui hanno deciso di mettere le radici.
Irma Kurti è portatrice di esperienze letterarie e poetiche estere che, giunte fino a noi, hanno arricchito in modo sensibile ed emotivo la nostra letteratura.
POETESSA APOLIDE
Il tema sul quale vorrei soffermarmi, e quello che è alla base delle liriche della Kurti, è la condizione di apolide, da intendersi in senso di nazionalità e identità, al quale lei stessa spesso fa riferimento per descrivere la sua situazione.
Nelle sue poesie emerge questo sentimento di nostalgia che utilizza come lenti attraverso le quali guardare il tempo passato della sua infanzia e adolescenza, quando si trovava nel suo paese d’origine, l’Albania. Questo sentimento e le emozioni che da esso scaturiscono sono immortalate meravigliosamente nei versi di molte sue poesie; come ad esempio “La voce della mia città”:
La voce della mia città natale
mi segue e mi trova ovunque sia,
a volte mi arriva molto fievole,
è un’eco, diventa un’idea fissa.
Ci sono dei giorni in cui imita
la vibrazione dell’onda gigante,
mi regala una marea di ricordi
e mi incita a superare il mare.
La voce della mia città natale…
IL SOLE HA EMIGRATO
La patria natia, l’Albania, che la donna ha dovuto lasciare in cerca di migliori condizioni giungendo in Italia viene descritta in qualche modo come perduta.
Sebbene la poetessa sia ben integrata nel nuovo ambiente, al contempo non può riconoscerlo come suo, come nativo e sorgivo, sperimentando con esso una sorta di rapporto di sopravvivenza, di convenienza, quale surrogato dettato dalle nuove necessità che si sono venute a creare. Si percepisce nettamente nelle liriche di Irma Kurti questa desolante ricerca delle origini, i suoi versi sono come scapestrati abbordaggi verso le coste del suo paese, c’è tormento e una sensazione d’incompletezza che spesso, nella quotidianità rituale del giorno, dà luogo anche a inadeguatezza e tristezza.
Proprio queste sensazioni di donna senza patria sono impresse nella poesia che da il nome alla raccolta: “Il sole ha emigrato”:
In quali terre ha emigrato il sole?
Io vedo solo che non si trova qua,
ha lasciato un cielo spento e cupo
negli occhi pensierosi, nell’anima.
Altri universi sta riscaldando, ora.
Chissà se ritornerà nel mio paese?
C’è nebbia, politica e troppo caos,
non ci sono sogni, sorrisi e attese.
Le rughe raccontano storie di gente
che cercano di fuggire per sempre,
i palazzi non ti lasciano respirare,
il lusso e la fame abitano insieme.
Il sole ha emigrato in altre terre.
CONCLUSIONE
Sono d’accordo con Lorenzo Spurio, poeta e critico letterario, nel dire che il ruolo della poesia per Irma Kurti è salvifico, un veicolo fondamentale di comunicazione che, forse, diversamente non potrebbe essere così esaustiva e incisiva e, al contempo, materia taumaturgica che guarisce e salva all’occorrenza facendo rinsavire il corpo: testamento di vita e compagna discreta.
La versione originale di questo articolo è stata pubblicata sul blog LeggIndipendente.
Il sole ha emigrato. Irma KURTI Genere: Poesia. Casa Editrice: Convalle, 2019. Pp: 154
ISBN-10: 8885434282 ISBN-13: 978-8885434288